Se dovessi contare quante volte ho sbagliato in quasi 50 anni sono certo che perderei il conto nel giro di qualche minuto: sono talmente tanti gli errori che ho fatto nel corso della mia vita che sarebbe davvero un’impresa titanica.
Quello che so è che ogni volta che ho sbagliato, ho sempre chiesto scusa ed ho cercato di rimediare: non sempre ci sono riuscito, ma ho cercato di mettercela tutta. Errori grandi, medi, piccoli, enormi: ne ho fatti di ogni. E sempre mi sono preso carico dei miei sbagli, dando la colpa sempre a me stesso: mai nella vita ho incolpato altri o come spesso si sente, la “società”. A prescindere da tutto, l’errore mio è colpa mia. Punto.
Non so dire se questo mio comportamento sia quello corretto o meno: non lo so e francamente mi interessa poco. Per mia natura è questo quello che devo fare quando sbaglio.
Alla luce di tutto quanto sopra, capirete che è difficile che mi metta a discutere di errori altrui: ognuno gestisce la situazione come crede. Una deroga però mi sento di farla in occasione di quanto si legge oggi a proposito dell’errore sull’assegnazione della zona rossa alla Lombardia settimana scorsa.
Anche qui, mi scuserete se non entro nel merito di chi sia l’errore: non per altro, ma da quanto si legge, il rimpallo da una parte all’altra è già iniziato e non voglio mettermi nel mezzo. Ma a prescindere dal colpevole, l’errore è davvero grosso.
Una settimana di chiusura, come zona rossa prevede, di negozi e scuole, tanto per citare due esempi, ha prodotto come è facile intuire gravi perdite. Ed anche se è una componente importantissima, non mi riferisco solo a quelle economiche.
Il momento che il paese, anche se forse sarebbe più corretto dire il mondo intero, sta attraversando è già complesso: errori che portano ad aggravare una situazione che, a prescindere dal punto di vista sanitario, è al limite della sopportazione; economia, socialità, cultura, scuola… parliamoci chiaro, hanno bisogno quanto mai prima di chiarezza.
Qualcuno (ma non so chi) potrebbe replicarmi che può succedere di sbagliare. Per carità: ho promesso che io sono il campione e non posso non pensare che sì, capita. Ma proprio come ho scritto mi aspetterei che qualcuno cercasse di porre rimedio a questo errore. E se “colui che ha sbagliato” non vuole confessarlo, beh, non stiamo parlando di Tizio o Caio, ma di istituzioni pubbliche. Dovrebbero trovare il modo di agire insieme per andare a sistemare quanto accaduto.
Non posso non pensare per esempio ai tanti negozi che in questi giorni hanno dovuto tenere abbassata la saracinesca: a loro cosa si può dire se non “abbiamo sbagliato, scusateci, ecco come intendo rimediare!”. E lo stesso ai tanti ragazzi che, ancora una volta, non hanno potuto frequentare la scuola, ma fare lezione davanti ad un pc: l’ennesima settimana di mancanza di socialità, di contatto con gli insegnati e le materie chi la ripagherà?
Quello che credo manchi, in quelle che una volta si chiamavano alte sfere, è il contatto con la realtà, un concetto che ogni giorno sembra sempre più evidente e una distanza che aumenta pericolosamente. L’ennesima dimostrazione sta nel fatto che qui, ai piani bassi, a nessuno interessa leggere e sentire i battibecchi tra le parti per scaricarsi a vicenda la colpa. Quello che ci si aspetta è un semplice ci spiace, adesso rimediamo. Banale, ma a quanto pare estremamente difficile.