Alessandro Manzoni è morto da un secolo e mezzo esatto, ed è nato da quasi due e mezzo. Cosa ancora non è stato detto, o scritto?
Eppure (e ci mancherebbe!… ) la sua e nostra Milano lo celebra nella memoria e nei luoghi che il celeberrimo scrittore ha attraversato, dal più ovvio e naturale (la casa) fino ai maggiormente significativi e rappresentativi del civismo e del popolo meneghini (Brera e il Duomo).
I milanesi “consapevoli” e gli intellettuali di tutto il Paese lo rivisitano e nel mentre aggiornano la sterminata mole critica e biografica ad egli dedicata o afferente (abbiamo letto ultimamente recensioni e titoli quali “La riforma della giustizia secondo Don Alessandro”, o “Solo togliendo Manzoni dalle scuole i nostri giovani torneranno ad apprezzarlo”).
Delio Tessa crebbe e si formò nella Milano listata a lutto e si esprimeva nei confronti del romanzo come si trattasse, in età adulta, di un lungo breviario, non si sa quanto abbondiano, fatto di massime impareggiabili e affreschi indeturpabili da leggersi e scorrere come una tisana rinfrancante, viatico contro gli incubi notturni.
Nei minuti che precedevano un sonno inquieto e disturbato Delio Tessa si “coricava” e “comunicava” con lui, sostituito alle preghiere della sera e promosso a confortante scrigno di miracolosi balsami tonificanti, nel rassicurante panorama, oltretutto, del caro cielo lombardo.
Era il Manzoni, al tempo indiscutibilmente più di oggi, punto di riferimento vivo della cultura e della milanesità (intesa a 360 gradi), era la fonte per le questioni più urgenti riguardanti la lingua della nuova Italia Unita (il “secondo Dante” colui che ci diede in prosa nei tempi aggiornati il completamento del lavoro del sommo poeta, un modo attraverso il quale parlarci), il senso decisamente anche politico nei confronti di una Patria unificata e risorgimentale- non per sola coincidenza Giuseppe Verdi spirò in via Manzoni, col selciato coperto di fieno affinché il rumore delle ruote delle carrozze potesse smorzarsi e così rispettare l’agonia del grande compositore.
Manzoni reso un pò troppo “argomento da esame di maturità” seppur inevitabilmente, è il caso di obiettare. Manzoni da mandare a memoria come si faceva con le poesie, Manzoni padre dell’Italia laica e unita e al contempo modello di riferimento per il cattolicesimo lombardo da qui nazionale, austero, borghese, consapevole e persino un pò bigotto, pare, ma certamente essenziale nella definizione e comprensione di ciò che siamo, essendo stati da lui anticipati e descritti.
Manzoni da ricordare come primo fra i cittadini, simbolo della letteratura che travalica in costume sociale e modello di comportamento, di confronto incessante con il passato che si riversa carsico nel tempo presente.
Le contraddizioni o sfaccettature del multiforme personaggio e artista riemergono perciò in questi mesi di studio e riflessione (lo celebriamo dal 22 maggio a dicembre, un semestre manzoniano tutto da vivere in una Milano sommersa dal turismo perfino più dei tempi immediatamente precedenti il Covid-19) e sollevano le questioni da sempre al centro del dibattito alto senza dimenticare le sensibilità delle Lucia e dei Renzo d’oggi, che possono accostarsi al grande ritratto anche fruendo di opportunità solo apparentemente più riservate e di nicchia, nelle quali e nei loro molteplici stimoli potranno incontrarsi per pura ventura.
Sarà insomma difficile, un pò più difficile di prima, da oggi a dicembre, non imbattersi (e ci mancherebbe!) in Alessandro Manzoni, a Milano.
La maturità giunge tra poche settimane, e l’anniversario dei 150 anni si è già impossessato dei nostri diciottenni come i peggiori sogni sudati dell’innominato, la statua del “Don” incombe sempre in Piazza San Fedele, altezzosa e al contempo rassicurante, e la consueta familiarità di Milano col suo Grande è semplicemente aumentata, e senza farci mancare tra l’altro, un pizzico di controllate vanità e civetteria, anche perché Manzoni in realtà non è mai scomparso, né 150 anni fa, né nel frattempo.
Sta sempre lì sui comodini, tessiani e non, a portata di mano dei milanesi che cerchino, prima delle notti difficili, parole familiari di coraggio, conforto e somma, teatrale comicità.
Alessandro Manzoni per gli amici Don Lisander
Alessandro Manzoni: la sua statua si trova in piazza San Fedele.
Realizzata da Francesco Barzaghi nel 1883, è proprio di fronte alla chiesa (San Fedele) sui cui gradini il nostro Manzoni cadde nel 1873 procurandosi una ferita che contribuì al suo decesso pochi mesi dopo.
Il consiglio comunale che all’epoca approvò il monumento s divise sulla collocazione: per soli 3 voti la spuntò il luogo dove possiamo vederla oggi. L’altra opzione era in piazza Belgiojoso, davanti alla casa del Manzoni.
Qualora non aveste mai fatto caso alla postura della statua, ecco due note: espressione assorta, nell’atto di camminare, con la mano sinistra dietro la schiena mentre con la destra tiene in mano il libro delle Georgiche di Virgilio.
Nel 1923 a 50 anni dalla morte di Alessandro Manzoni, venne applicata alla base della statua una corona di alloro, in bronzo.
Passare da queste parti, magari quando si fa un giro per il centro, è sempre un momento speciale. In primis perchè questo pezzo di città è davvero unico, ed in un certo senso quasi magico. Oltre a poter vedere la statua di Alessandro Manzoni e la chiesa, è affascinante ricordare cosa sia stato in passato questa piazza.
E’, magari per chi ama la storia, immediato pensare a Mazzini affacciato dall’albergo “La bella Venezia”, oggi scomparso così come provare a fantasticare rivedendo proprio qui, nella sua prima sede, il teatro… Alessandro Manzoni