Già anticipato dal singolo “Tu dove sei“, il cantautore e musicista del Teatro alla Scala Roberto Benatti condivide finalmente il suo album di debutto dal titolo “Aspettando Ribot“, fuori su tutte le piattaforme digitali (in distribuzione Artist First) da venerdì 13 ottobre 2023.
Luoghi periferici e quotidiani, animali (cavalli, strolaghe, vespe), l’Inter e il tennis, figure umane amate, a volte rimpiante. Understatement, sincerità, un velo di malinconia.
Roberto Benatti ci offre una sua personalissima autobiografia musicale dal sapore dolce-amaro: Milano, Silvia, il ruolo di padre e molto altro…
Noi abbiamo ascoltato il disco, e ci siamo innamorati della visione che Roberto Benatti di Milano, dolce-amara e squisitamente autunnale. Gli abbiamo chiesto quali fossero i suoi cinque luoghi preferiti.
I cinque luoghi preferiti del musicista e cantautore Roberto Benatti
- Il padiglione per mostre e riunioni di via Pogatschnig
Ho vissuto a QT8 per tre anni; ogni giorno per andare al lavoro, o per andare a comprare il pane, oppure per accompagnare le mie bimbe al parchetto, passavo diverse volte da un cortiletto un po’ surrealistico dove si trova questo strambo padiglione circolare costruito per la nona triennale del 1951.
Riparata dal suo tetto, all’esterno si trova una scrivania dove spuntavano libri ad ogni ora lasciati non ho mai capito da chi. Ci ho trovato dei fumetti dei Peanuts, serie di enciclopedie storiche, un meraviglioso Devoto Oli illustrato, decine di atlanti storici, un’edizione dei Miserabili illustrata da Guttuso. C’era anche una fontanella dove rinfrescarsi d’estate e dove la mia figlia piccola giocava a riempire e svuotare borracce mentre io sfogliavo i libri. Un luogo incantato.
- Il campetto da calcio tra via Terragni e via Diano Marina
È un piccolo campo da calcio come tanti altri, con la differenza che lo stadio di San Siro è lì a due passi, e non so cosa darei per tornare bambino e giocarci, facendo le telecronache mentali delle mie partite con gli amichetti con nelle orecchie il suono del pallone calciato da Matthäus e Brehme.
- Gallerie d’Italia, Piazza della Scala
Io lavoro in Scala, e, avendo la tessera musei, non appena ho un’ora di pausa entro in questo incredibile museo e trascorro il mio tempo con la storia dell’arte del novecento.
- L’aula 210 del Conservatorio
È una piccola aula al secondo piano con un lato tutto pieno di contrabbassi appoggiati alla parete che profumano di legno antico. Tra i contrabbassi e il pianoforte verticale poggiato sul lato opposto c’è giusto lo spazio per una vecchia pedana, tutta bucherellata dai puntali di generazioni di colleghi.
Appena all’ingresso c’è uno scalcagnato armadietto di metallo dove noi compagni di classe scherzavamo ammirati sui registri di classe abbandonati dal nostro maestro, che non si curava di compilare neppure le presenze e le assenze, ma che era da noi tanto venerato da far sì che nessuno si sognasse di fare un minuto di ritardo, mai. Al di fuori della finestra una stretta tettoia dove il maestro gettava decine di mozziconi di sigaretta ad ogni pomeriggio di lezione, infischiandosene di qualsiasi divieto e regola di buon senso. In quell’aula, insieme all’odore dei contrabbassi e delle sigarette, si respirava l’aria dell’arte per l’arte, della ricerca per la pura passione di conoscere. Un privilegio sempre più raro.
- Supporti Fonografici
Ricordo perfettamente l’esaltazione mista a timore con cui, quindicenne, percorrevo la strada che da Porta Genova giungeva al Corso di Porta Ticinese per raggiungere questo negozio di dischi che per me rappresentava un mondo che desideravo tenacemente fosse il mio, ma che mi era ancora estraneo e distante.
La musica indipendente degli anni novanta è stata per me il modello di come avrei voluto dedicare la vita alla musica; e lì c’era tutto quanto di meglio si potesse trovare in Italia in fatto di cultura musicale alternativa: io avevo quindici anni e vivevo in un paesino di 2500 anime, ma lì, cercando di zittire il mio senso di inadeguatezza con la graffiante chitarra di Ian Mac Kaye nel walkman, mi sentivo compagno di banco dei Fugazi e degli Hüsker Dü.