venerdì,22 Novembre,2024
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L’evoluzione dell’arte. E del pensiero.

Prendo spunto dall’ottimo post pubblicato questa mattina dall’amico Mario Donadio per una riflessione che da giorni mi ronza per la testa.

Ricorderete il clamore mediatico, qualche settimana fa, per una fotografia, un selfie se non ricordo male, di Chiara Ferragni all’interno degli Uffizi. Se ne è parlato per diverso tempo. E a memoria, molto di quello che ho letto era sul tono “indignato”.

Pensatela come volete, ma io che alla Ferragni, che non seguo, non posso far altro che dire grazie ed estenderle l’invito a fare lo stesso nella città dove abita, la nostra, postando selfie fatti quando vuole, di giorno o di notte, a Palazzo Morando, alla Pinacoteca Ambrosiana, al museo del Castello Sforzesco, al Bagatti Valsecchi…insomma, ha l’imbarazzo della scelta.

Perchè? Presto detto. In primis, credo che all’alba del 2020 si debba uscire dall’idea del museo come luogo sacro e dell’arte come un qualcosa riservato solo a coloro ritenuti meritevoli. O per meglio dire: l’arte in generale può e deve andare d’accordo con tutto e tutti. A prescindere. Perchè per l’appunto l’arte è un bene universale.

Ma molto più importante è a mio avviso il fatto che persone come la Ferragni che, volenti o nolenti, muovono centinaia di migliaia di persone, hanno la possibilità di avvicinare ai musei tanti di coloro che operazioni standard non riescono ad intercettare. Se di tutto coloro che seguono la influencer il 10% sarà andata a vedere il posto dove la beniamina ha scattato la foto e l’1% dirà “ma guarda che bel posto non l’avevo mai visto, mi piace”, il suo selfie sarà stato un successone per il mondo dell’arte.

Non penserete davvero che per portare i giovani al museo o in pinacoteca basti un cartellone con scritto “dopo 300 anni torna a palazzo xy il grande tizio, caio sempronio”, vero?

Tempo fa mi dissero che la Pinacoteca di Brera voleva raccontare i quadri a suon di rap. Credo che non si sia fatto più nulla, oppure me lo sono perso io. Ecco: qualora non sia stato fatto, mi auguro che ci ripensino. Non c’è da storcere il naso. C’è da pensare ad una evoluzione anche nel mondo dell’arte. E soprattutto nel pensiero di tanti che credono ancora, nonostante tutto, di vivere nel 1800.

evoluzione pensiero
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