Emilio Caldara fu un politico esponente della corrente socialista che venne eletto Sindaco di Milano tra il giugno del 1914 e il novembre del 1920.
Nato il 20 gennaio 1868 a Soresina, comune a vocazione agricola della provincia di Cremona, studiò giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Pavia. Dopo la laurea si trasferì a Milano, dove iniziò a lavorare facendo pratica presso uno studio notarile.
Entrò nel movimento socialista legandosi a Filippo Turati e Leonida Bissolati e collaborò al quotidiano Lotta di Classe e alla rivista Critica Sociale. Presto divenne parte attiva del movimento dando il suo contributo sulla formulazione e divulgazione del programma socialista per le elezioni amministrative.
Nel 1899 venne eletto consigliere comunale di Milano, dove si distinse come membro delle commissioni per i bilanci. Si adoperò per l’istituzione della refezione scolastica e promosse la costruzione di case per la classe operaia.
In quel periodo si innescò una frattura all’interno del partito socialista in cui coloro che avevano idee riformiste si trovarono sempre più spesso in contrasto con chi aveva una visione più rivoluzionaria. Emilio Caldara si schierò con la corrente riformista e si separò dalla federazione del PSI facendo nascere, nel luglio 1901, l’Unione socialista milanese per cui si batté per l’autonomia contro la Commissione esecutiva del partito.
Fu un convinto sostenitore dell’autonomia dei comuni dove, secondo il suo parere, le trasformazioni genuinamente democratiche erano più attuabili.
Durante la giunta Greppi il Consiglio mosse un’aspra critica nei confronti della sua politica tributaria, dei metodi adottati per sopperire ai debiti lasciati dalle precedenti amministrazioni e ai limiti della tassa di famiglia.
Eletto Primo Cittadino di Milano nel giugno del 1914 la prima cosa che fece fu quella di istituire l’Ufficio del Lavoro. Allo scoppio della Prima guerra mondiale si spese a difesa dei consumatori: impose il calmiere sui generi di prima necessità, istituì una sottoscrizione per un fondo d’assistenza per i disoccupati e varò un piano di lavori pubblici.
Emilio Caldara promosse una rete di assistenza a cui collaborarono tutte le forze politiche. Portò avanti una politica di neutralità, tuttavia si espose nel momento in cui il PSI decise di espellere Mussolini dal partito, chiedendo un’inchiesta supplementare prima di decidere per la sua espulsione.
Nel 1917 municipalizzò il servizio tranviario di Milano. Alla fine della guerra le difficoltà economiche e finanziarie della giunta portarono a rivedere il programma elettorale: fu necessario rinunciare alla costruzione delle case popolari e introdurre tasse per far fronte al costante aumento dei prezzi.
I tempi erano cambiati e l’operato della giunta di Emilio Caldara era mal visto dagli interventisti che, il 4 novembre 1918, entrarono con la forza a Palazzo Marino per chiedere le dimissioni del Primo Cittadino. Sostenuto dai cittadini milanesi il Caldara proseguì nel suo lavoro con l’intento di favorire la ripresa economica.
All’inizio del 1920 diede il via alla costruzione di case popolari e del porto di Milano, approvò il decentramento degli uffici comunali e fece istituire l’Ente autonomo della Scala. I tempi erano difficili, la situazione finanziaria comunale era preoccupante, Emilio Caldara era poco sostenuto dal suo partito e, non da meno, l’aggressività fascista si faceva sentire prepotentemente. Una situazione che portò il Sindaco a rassegnare le dimissioni.
Nel 1921 venne eletto deputato e nel ’22 fondò, insieme ad altri riformisti espulsi dal PSI, il Partito Socialista Unitario, di orientamento socialdemocratico. Nel 1926 il governo fascista lo fece dichiarare decaduto da deputato. Durante il ventennio successivo si tenne in disparte dalla politica dedicandosi all’avvocatura.
Emilio Caldara morì a Milano il 31 ottobre 1942. Riposa nella cripta del Famedio del Cimitero Monumentale di Milano. La città lo ricorda nel viale che collega Porta Romana porta a viale Regina Margherita.