Partendo da Porta Genova e percorrendo il lato sinistro del Naviglio Grande direzione Darsena si incontra Vicolo Lavandai.
Chiamato originariamente Vicol de Bugandee conserva la memoria di un tempo non troppo lontano, quando gli addetti al lavaggio dei panni si recavano qui con la gerla in spalla piena di biancheria sporca, raccolta presso le famiglie abbienti che si appoggiavano alla Confraternita Lavandai di Milano per il servizio di lavanderia.
Nel XVIII secolo erano gli uomini ad occuparsi della raccolta e del lavaggio, ragione per cui il genere del nome del vicolo è al maschile. Successivamente furono le donne a prendere in mano il lavoro e proseguirono nell’attività fino agli anni Cinquanta, quando la lavatrice entrò nelle case degli italiani.
Vicolo Lavandai, un angolo meraviglioso
Il lavoro delle lavatrici era duro: le donne si inginocchiavano sui brellin di legno posti in fila sotto la tettoia e sciacquavano i panni dentro al fossett, il ruscelletto alimentato dalle acque del Naviglio Grande. Procedevano poi con il lavaggio usando il palton fatto di cenere, soda e sapone oppure un impasto fatto di lisciva e letame o, in mancanza di questi, solo acqua bollente e cenere.
Adiacente al fossett oggi si trova il ristorante El Brellin, dove si respira ancora l’atmosfera del luogo e al posto del quale un tempo si trovava la drogheria che rivendeva saponi, spazzole e tutto ciò che occorreva per fare il bucato.
Vicolo Lavandai è stato d’ispirazione a poeti e scrittori. Luigi Cazzetta ha scritto il componimento “Vicol di Lavandee” che ha vinto il premio Carlo Porta nel 1964, mentre Georges Simenon ha forse preso spunto da questo luogo per la scrittura di un nuovo romanzo. Negli anni Cinquanta è stato immortalato da un fotografo di Epoca proprio mentre si trovava nel Vicolo Lavandai…