Importante quanto discreto, ecco Palazzo Olivazzi. Angolo via Manzoni e via Bigli, un portone molto largo inserito quasi in una nicchia ed un paio di targhe.
Ben poca roba per un palazzo che ha visto il meglio di Milano dare il meglio di sè. Sembra un gioco di parole, ma è proprio quello che è successo al secondo piano di Palazzo Olivazzi.
E’ qui dal ‘600 per volontà della famiglia Olivazzi, ovviamente. Famiglia di origini piemontesi, di Alessandria per la precisione, concepisce un palazzo decorato in pieno barocco fiorito, cosa rarissima nella nostra città. Splendido doveva essere anche il giardino, una collezione di piante e fiori rari, com’era d’uso.
Palazzo Olivazzi e l’asino in matematica
La proprietà passa ai Tanzi e poi ai Nava. Nel 1842 sono questi ultimi a ristrutturare tutto quanto, alzando il palazzo di un piano, ma senza completare i lavori. Nel 1850 qui prende residenza Clara Maffei con il compagno Tenca, ridando vita al salotto che aveva portato alle 5 giornate e che da qui piloterà in direzione dell’unità d’Italia.
Uno dei centri focali più importanti della politica risorgimentale. Al secondo piano di Palazzo Olivazzi, sia ben chiaro, s’è fatta la storia di tutti. Le volumetrie odierne le raggiunge infine nel 1907 quando i proprietari sono i Trivulzio, che ultimano i lavori iniziati dai Nava e forse procurando qualche mal di testa da cantiere ad un giovane ospite tedesco. Un giovanotto vivace che vive qui dal 1894, particolarmente asino in matematica. Poco male. Si chiamava Albert Einstein.
Un genio con via Bigli nel cuore.