Ricordiamo il Jamaica come il crogiolo di artisti e letterati che ha fatto di Milano una capitale del linguaggio dell’arte contemporanea. Le storie che questo bar potrebbe raccontare sono talmente tante che non basterebbe un giorno intero, questo perché sono storie di vita di tanti dei personaggi che hanno fatto la storia del Novecento.
A partire da Mussolini, che ai tempi del ‘Popolo d’Italia‘ si fermava a bere il cappuccino mentre correggeva gli articoli del suo giornale, egli inaugurò la lunga lista degli illustri debitori del bar.
Ancora personaggi come Piero Manzoni, Lucio Fontana nel suo periodo di passaggio allo spazialismo, Ungaretti, Quasimodo, Valerio Adami e mille altri. Tutti nomi senza un comune denominatore e che si riunivano per discutere davanti ad un caffè o ad un calice, sulla vita e su questioni morali e talvolta anche a litigare.
Jamaica, sembra lontano ma siamo in Brera
Il nome dello storico locale è successivo alla sua fondazione e si deve a Giulio Confalonieri. Il musicologo prese il nome dal film ‘Jamaica Inn’ di Hitchcock e da quel momento, quella del Jamaica divenne una delle insegne più famose d’Italia.
La vera svolta si ebbe nel ’48 quando Elio Manini, lo storico gestore, organizzò una mostra intitolata ‘Premio Post-Guernica’. La mostra ebbe la capacità di far riunire al Jamaica grandi nomi milanesi e internazionali.
Pazzesco è come negli anni si sia sviluppato un metodo di scambio artistico fuori dagli schemi: quadri in cambio di cibo, opere d’arte perse al gioco della scopa, macchine fotografiche lasciate a prestito e conti destinati a non essere mai saldati, come quello già ricordato del direttore del ‘Popolo d’Italia’.
Parliamo di artisti riconosciuti a livello internazionale che allora erano alla fame e che ‘Mamma Lina’, la madre di Elio Manini, non lasciava mai a bocca asciutta, rifiutando addirittura i loro tentativi di pagamento con quadri o altre merci di scambio. Aveva a cuore tutti loro.
Ma è soprattutto grazie a Manini figlio che il Jamaica crebbe la sua notorietà e fu sempre un posto all’avanguardia. La sua curiosità e i suggerimenti dei suoi amici Arrigo Cipriani e Gualtiero Marchesi, infatti, lo portò a provare nuovi cocktail e nuove ricette importate dall’America, rendendo il locale sempre un passo avanti.
Il Jamaica, con le sue ragazze un po’ svestite, i suoi pittori sgangherati e la sua clientela un po’ bohème divenne un punto nodale della cultura italiana, tanto che negli anni Settanta arrivò un benemerenza ufficiale da parte del sindaco a Mamma Lina.
Il tempo passa e la clientela è cambiata, alcuni sono invecchiati tra quelle mura, altri non hanno fatto in tempo. Il locale si è adattato diventando il ritrovo del mondo della moda e del business, rimanendo pur sempre un covo di sognatori ed un pezzo di storia della nostra bella città.
Jamaica via Brera 32