Il milanese è una lingua sbrigativa, diretta, pratica.
Le parole di oggi ne sono la conferma: “Cià” e “ciao” (che in un attimo si trasforma in “s’ciao”). Ma non poteva mancare un breve passaggio per una parola simbolo del nostro dialetto: la “cadrega”, resa oggetto di test di milanesità da Aldo, Giovanni e Giacomo.
Buona lettura.
Cadrega: sedia.
Uno dei termini milanesi più noti grazie ad Aldo, Giovanni e Giacomo che nel film “Tre Uomini e una gamba”, si sono inventati il gioco della cadrega per stanare eventuali “terron”. E’ una di quelle parole per cui la traduzione o la sai o non ci arriverai mai! E infatti il buon Aldo nel film addenta una mela dicendo “Buona questa cadrega..”.
Cassa de mòrt: bara.
Onde evitare qualunque dubbio sull’oggetto in questione. E tanto per restare in tema anche la parola “becchino” è decisamente tranchand: “sotterrô” (accento circonflesso sulla seconda “o”). La già detta praticità della lingua milanese che prende il sopravvento.
Cià: dai.
Non è semplice dare una spiegazione di questo intercalare. Nel suo significato più intimo, trasmette una certa fretta (beh, siamo pur sempre a Milano…) Lo si può sentire all’inizio di una frase, ad esempio “Cià. ‘se fèmm?” (dai, cosa facciamo?). Viene utilizzato anche da solo, perché l’urgenza del muoversi venga colta meglio. “Cià!” e subito dopo ci si alza. Nella forma educata pone un dubbio “Cià, ‘se fèmm? Andèmm ò stèmm?” (dai, cosa facciamo? Andiamo o restiamo?). Normalmente si và….
Ciao: ciao.
Identico nello scritto, ma con la “o” finale che si pronuncia (legge) “u”, ha un doppio significato. Indica sia il saluto confidenziale, sia un’interiezione ad indicare la perdita di speranza. “Eh, ciao…!”, come a dire “Eh, allora…!”. In questo caso però si scrive così “S’ciao!”.