Antonio di Pietro Averlino, noto come il Filarete (Firenze, 1400 circa – Roma, 1469), è stato un celebre scultore, architetto e teorico dell’architettura italiano. Il soprannome umanistico “Filarete”, che significa “colui che ama le virtù“, fu scelto da lui stesso in età matura.
Nato attorno al 1400, si formò nella bottega di Lorenzo Ghiberti, dove probabilmente apprese la tecnica della fusione in bronzo, contribuendo alle lavorazioni delle porte del Battistero di San Giovanni. Nel 1433 si trasferì a Roma, incaricato da papa Eugenio IV di realizzare i battenti bronzei per la porta centrale della Basilica di San Pietro. Questa cosiddetta “porta del Filarete” fu completata tra il 1433 e il 1445, nonostante il periodo turbolento per la città.
La porta presenta due battenti divisi in tre riquadri ciascuno. A sinistra, dal basso: il Martirio di Paolo, San Paolo e Cristo in trono; a destra: il Martirio di Pietro, San Pietro che consegna le chiavi a Eugenio IV e la Madonna in trono. I riquadri sono incorniciati da girali con profili di imperatori e fregi con episodi del pontificato di Eugenio IV. Nonostante la qualità delle formelle, la concezione prospettica delle scene risulta meno avanzata rispetto alle sculture fiorentine contemporanee.
Durante il suo soggiorno romano, Filarete realizzò alcune sculture per la Basilica di San Pietro e una copia in bronzo della statua equestre di Marco Aurelio, ora conservata al Skulpturensammlung Staatliche Kunstsammlungen di Dresda, donata a Piero di Cosimo de’ Medici. ( la potete vedere cliccando qui)
Tra il 1447 e il 1448, Filarete lasciò Roma a causa di un’accusa di furto, lavorando successivamente a Firenze, Arezzo, Venezia e Bassano del Grappa, dove realizzò una preziosa croce processionale. Fu anche abile orafo e medaglista.
Nel 1451 si stabilì a Milano, dove ricevette importanti commissioni dalla corte sforzesca, come la torre del Castello Sforzesco, il Duomo di Bergamo e l’Ospedale Maggiore, la sua opera più significativa. Quest’ultima, costruita tra il 1457 e il 1465, è caratterizzata da una pianta quadrangolare con quattro vasti cortili, e un equilibrio tra il rigore strutturale e la ricchezza decorativa in cotto.
Nonostante il sostegno del duca, Filarete non riuscì ad affermarsi pienamente a Milano, a causa della concorrenza degli architetti locali. Nel 1466 tornò a Firenze, e si ipotizza che sia morto a Costantinopoli o a Roma, dove è sepolto nella basilica di Santa Maria sopra Minerva.
Antonio di Pietro Averlino, per tutti il Filarete
Tra il 1460 e il 1464, Filarete scrisse il “Libro architettonico”, un trattato in volgare dedicato a Francesco Sforza, che include il piano della città ideale di Sforzinda. Il trattato, sebbene rimasto manoscritto, ebbe una larga diffusione e influenzò la cultura architettonica del XV secolo.
Filarete si distinse per il suo interesse per l’antico, creando opere che evocavano il passato con fantasia e decorazione, non sempre in linea con la riscoperta filologica dell’antichità. Questo approccio gli valse critiche da parte di Vasari.
Recenti ricerche suggeriscono che Filarete possa essere l’autore del manoscritto Voynich, ipotesi basata su somiglianze tra i disegni del manoscritto e le opere di Filarete, e su corrispondenze tra il codice criptico usato nel manoscritto e quello di Francesco Sforza.