The Only One, un nome che era tutto un programma. Pure troppo. Oggi vi voglio raccontare una storia personale. E come tutte le storie che rispettino il lieto fino non c’è.
Scherzi a parte: dovete sapere che anche chi vi scrive ha avuto il suo momento “Musicale“. Quel momento che tanti adolescenti passano fino a quando, e vale per la maggior parte di loro, si rendono conto che suonare la chitarra o la batteria richiede uno studio ed una passione notevoli. Ebbene anche io sono caduto nella trappola.
Dobbiamo tornare indietro, sul finire degli anni ’80. Contagiato da un compagno di classe (lui sì davvero bravo a suonare la chitarra), decisi che era arrivato il momento di cimentarmi con la musica e mettere su una band.
Armato della passione che ripensarci oggi mi pare più una malattia, per i Beatles, decisi che un buon modo per sfondare sarebbe stato quello di suonare la tastiera: con il mio amico alla chitarra saremmo stati un duo fantastico.
Già, peccato che la tastiera io non la sapessi suonare, e fatto salvo per la sigla della Barilla e due note (due) viste da non so chi, non ero in grado di fare altro. Anzi no, non è vero. Mi ero messo di impegno ed avevo capito come Paul Mc Cartney suonasse Let it Be al piano e studiando i video ed uno spartito, che se fosse stato scritto in cirillico mi avrebbe dato meno problemi, ero quasi vagamente riuscito a strimpellare l’inizio.
Studiare pianoforte? No, non faceva per me. Ma ero lanciato, eravamo lanciati. Prima ancora di saper fare mezza canzone, ci facemmo fare i biglietti da visita per proporci in giro per Milano. The Only One il nome. Pomposo certo, forse troppo. Ci accorgemmo subito però che la mia incapacità era ben più grande della nostra ambizione.
Decisi quindi di buttarmi sulla chitarra. Ricordo che ne parlai con i miei genitori e mio padre, preso forse dalla compassione, decise di regalarmi la chitarra classica.
Quando la presi in mano per la prima volta ci rimasi male: non era quello che mi aspettavo e soprattutto perchè non ero in grado di fare tutte quelle cose che faceva il mio amico? Solo perchè lui studiava da 8 anni lo strumento, non capivo perchè i suoni che producevo io facessero solo venire un gran mal di testa.
Ma mi armai di pazienza e riuscii ad imparare anche qualche accordo (tranne il “fa” ed il “si”: non mi ci stava il dito nella posizione richiesta) e per un mese buono riuscimmo anche a far finta (io) di suonare qualche cosa.
Andammo anche in sala prove: purtroppo (o per fortuna) il video che registrammo è andato perso. Eravamo proprio belli però: tutti vestiti di nero, con i cappelli (ed io i capelli lunghi…ero entrato assolutamente nella parte!) e per l’occasione con due chitarre elettriche. Quella che usai per l’occasione mi fu prestata.
Ecco, quella fu la mia prima ed ultima esperienza. Fu quindi deciso che la nostra carriera, dopo quasi un mese di prove, era arrivata al capolinea. Misi via la chitarra e da allora forse, non ci ho mai più pensato.
Tutta questa storia mi è tornata alla mente leggendo che quel negozio dove mio padre comprò la chitarra, dopo aver servito migliaia di artisti, appassionati, amanti della musica, chiuderà a breve.
Prina chiude i battenti. E’ un peccato incredibile. Fa parte della storia di Milano e non solo. Ed un pezzo di musica se ne va con la chiusura di questo negozio.
….avevo detto che non c’era il lieto fine!
PS:
la foto è del biglietto da visita menzionato nel racconto. Ho cancellato i cognomi, ma vi prego di notare le iniziali: alla chitarra D. Elvis alla tastiera D. Paul. Rispettivamente Davide e Danilo, appassionati di Elvis l’uno, di Paul Mc Cartney l’altro.