Perché andare a vedere “Una vita che sto qui”? Perché parla della storia di tutti noi. La protagonista vive in una casa popolare dell’ALER dal 1958. Prima coi genitori poi in vari modi, in quella baraonda di situazioni che è la vita di tutti.
Dal 1941, con Milano in mezzo alla seconda guerra mondiale, i bombardamenti, il passaggio a Monarchia a Repubblica, la ricostruzione, il boom economico, la crisi degli anni ’70 con i suoi anni di piombo, passando dall’aborto, un tempo illegale ma non per questo non praticato, fino ad arrivare alla droga e ai giorni nostri, con il cambiamento culturale dettato dai nuovi vicini di casa, che arrivano da altri paesi, da altre vite…
La storia di questa signora ottantenne, interpretata in maniera magistrale da Ivana Monti, che rende sua la vita di questa donna che non ha ben chiaro perché le chiedano di passare dalla sua casa nel Lorenteggio ad un’altra, svuotata dai suoi ricordi e dalla sua vita, a Lainate, è toccante, divertente e amara.
La città che cresce, la città che cambia e non guarda in faccia la vita di chi la vive. Questa Milano che tanto amiamo e che tanto ci chiede, ma alla quale non sappiamo rinunciare.
Il monologo è per metà in italiano e per metà in milanese. Sembra di esserci stati nella cucina che è l’ambientazione della pièce, perché è come quella dei nostri nonni o dei nostri genitori (a seconda dell’età che abbiamo) e quell’anziana signora che sta mettendo le quattro cose avanzate della sua vita in anonimi scatoloni, con indosso una vestaglietta a fiori smanicata che tutti noi portiamo nei ricordi di bambini come qualcosa di famigliare, ci ricorda che la vita è un passaggio.
Che dobbiamo cercare di viverla al meglio e che dobbiamo preservare gli anziani ed i loro preziosi ricordi, volendogli bene ed ascoltandogli più spesso.
Assolutamente da vedere
Dove: Teatro Franco Parenti – Via Pier Lombardo, 14
Quando: fino al 22 luglio
Per info e prenotazioni guarda qui