Canta Celentano: la reazione del pubblico è stupefacente.
Piccolo passo indietro: nell’organizzare le quattro giornate di Se Parla Milanes, volevamo che in alcune di queste, ci fosse una figura popolare, conosciuta, riconducibile alla nostra città ed al nostro dialetto.
Avevamo l’imbarazzo della scelta e sistemando le varie serate ad un certo punto ci è venuto un mente un nostro amico, grandissimo imitatore di Celentano. A questo punto però il dubbio: il Molleggiato ha poco a che vedere con il milanese…
Il dubbio è svanito nel giro di poco: anche senza dialetto Celentano è una figura talmente legata alla città di Milano che la mancanza del meneghino, almeno per quella occasione, poteva come dire… essere perdonata.
E così venerdì 13 settembre a La Fabbrica il nostro amico Leo dopo aver preso le sembianze del mitico Adriano (e gli ci vuole davvero poco!) inizia lo spettacolo.
Non vogliamo qui soffermarci sulla bravura di Leo, sulla sua grandissima capacità di emulare le gesta di Celentano, cantare qualsiasi canzone e coinvolgere il pubblico come pochi, ma sulla reazione delle persone presenti e di quelle che si sono fermate davanti al locale ad assistere.
E’ incedibile come le canzoni proposte, da quelle più storiche a quelle più recenti, coinvolgano in modo così incredibile: tutti cantavano, si prestavamo al microfono per i cori o per una strofa. Italiani e stranieri: abbiamo sentito con le nostre orecchie ragazze e ragazzi ordinare pizza e birra in inglese/tedesco/francese ma cantare i ritornelli di Pregherò e Il ragazzo della via Gluck in perfetto italiano.
E poi, alla fine, dopo l’ennesima “ultima canzone” ecco Azzurro: apriti cielo (è proprio il caso di dirlo). Mani alzate, accendini e tutti, ma proprio tutti a cantare tutte le strofe e sgolarsi per farsi sentire più degli altri durante il ritornello.
Il “potere” delle canzoni è sempre magico, ma quelle cantate da Celentano hanno sempre qualche cosa in più in terra meneghina. Dai 18 agli 80 anni, uomini e donne. Nessun escluso.
Celentano è sempre Celentano.
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