Giuseppe De Capitani d’Arzago fu il Podestà di Milano che succedette ad Ernesto Belloni e che rimase in carica dal settembre 1928 al novembre 1929.
Di nobile famiglia nacque a Milano il 15 febbraio 1870 e si laureò in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Pavia. Entrato nel partito liberale nel 1913 venne eletto nel collegio di Milano.
In parlamento, schieratosi con la destra liberale di Antonio Salandra, fu il portavoce dei liberal-conservatori milanesi. Per contrastare il socialismo riformista milanese, al sopraggiungere delle amministrative del 1914, suggerì a Salandra la ricostruzione di un partito liberale moderato che comprendesse liberal democratici e cattolici escludendo radicali e riformisti. Uno schieramento che sarebbe stato appoggiato da importanti giornali quali il Corriere della Sera, la Perseveranza, l’Italia e il Sole.
L’investitura alla carica di Sindaco del socialista Emilio Caldara portò il De Capitani d’Arzago a collaborare con Ettore Ponti per risollevare le sorti del partito agendo in funzione dell’introduzione nel 1913 del suffragio universale che ridimensionò notevolmente i consensi verso il partito liberale.
Col sopraggiungere del primo conflitto mondiale il De Capitani d’Arzago mantenne inizialmente una posizione neutrale che dopo l’entrata in guerra virò in favore degli interventisti più convinti. Nel 1917 aderì al Fascio Parlamentare di difesa nazionale costituito da componenti intenzionati sopra ogni cosa a proseguire con la guerra e ad essere inflessibili contro le forze antinazionali.
Terminato il conflitto proseguì il suo impegno parlamentare diventando l’anello di congiunzione tra Salandra e Mussolini col quale venne eletto a Milano nella lista del Blocco Nazionale. Nel primo governo Facta venne nominato sottosegretario al Tesoro e l’anno successivo sottosegretario alla Pubblica Istruzione.
Dimessosi Facta nel 1922 il re diede a Salandra l’incarico di formare il nuovo governo: Mussolini venne eletto Presidente del Consiglio, Giuseppe De Capitani d’Arzago venne nominato Ministro dell’Agricoltura. Come tale soppresse le commissioni governative incaricate di arbitrare le controversie di lavoro, revocò il decreto Visocchi per l’occupazione delle terre incolte, abolì la previdenza contro la disoccupazione agricola e reintegrò le clausole vessatorie per i mezzadri.
Nel ’23 il Ministero dell’Agricoltura venne accorpato a quello dell’Industria, del Commercio e del Lavoro. Il De Capitani d’Arzago abbandonò quindi la sua carica. L’anno successivo venne nominato presidente della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde e fu riconfermato deputato per la Lombardia.
L’assassinio di Matteotti, che denunciò i brogli elettorali e le tangenti sulla concessioni petrolifere da parte del partito fascista, portò a un dissidio politico tra Salandra e il De Capitani d’Arzago che si manifestò con una spaccatura all’interno del partito in cui una parte diede fiducia al governo e l’altra si mise all’opposizione.
I sostenitori del governo, fra cui anche il De Capitani d’Arzago, vennero espulsi dal partito liberale ed entrarono in quello fascista. Nel ’26 ricevette la tessera fascista ad honorem retrodatata al 23 marzo 1919 in segno di riconoscimento della costante azione svolta per la rivalorizzazione nazionale.
Nel settembre del ’28 il De Capitani d’Arzago venne nominato Podestà di Milano. Già presidente della Cassa di Risparmio delle Province Lombarde e diventato qualche mese dopo Senatore fu mal accettato per le molteplici e incompatibili cariche ricoperte.
Mussolini, assecondando la sua volontà, lo confermò alla presidenza della banca sollevandolo dall’incarico di Podestà. Divenne ministro di Stato, vicepresidente del Senato, commissario della Confederazione Nazionale Fascista delle Casse di Risparmio e dell’Istituto Internazionale del Risparmio. Diventò una delle figure più in vista del mondo finanziario italiano. Fu reggente della Veneranda Fabbrica del Duomo che salvò dalla bancarotta.
Nel 1943, con la caduta del fascismo, si avvicinò agli ambienti cattolici nel tentativo di esentarsi dalle responsabilità che gli sarebbero state attribuite per il ruolo ricoperto durante il regime.
L’Alta Corte di Giustizia per le Sanzioni contro il Fascismo non lo fece arrestare perché troppo anziano. La vicenda si concluse con un nulla di fatto: Giuseppe De Capitani d’Arzago morì il 17 novembre 1945 a Paderno Dugnano.