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Nicolò Tartaglia, una storia articolata

Nicolò Tartaglia è stato un matematico vissuto nel Cinquecento. Nacque a Brescia nel 1499 e, in giovane età, fu segnato da un brutto trauma.

Nel corso del sacco di Brescia del 1512 i francesi inseguirono la famiglia di Nicolò che si rifugiò nella Cattedrale Invernale di Santa Maria Assunta per cercare di sfuggirgli. I Francesi li presero e infierirono uccidendo il padre e picchiando il figlio che se la vide brutta: frattura al cranio e lesioni a mascella e palato.

Ebbe dei danni permanenti infatti non riuscì più a parlare bene. Per questo venne chiamato Tartaglia. Il suo nome effettivamente era Nicolò Fontana ma lui stesso accettò il soprannome usandolo per firmare le sue opere. Era abile a fare conti matematici e questo gli permise di guadagnarsi da vivere a Verona dove, nel 1521, diventò insegnante di matematica.

Nel 1556 scrisse il General trattato di numeri et misure dove comparve il Triangolo Tartaglia, la disposizione geometrica dei coefficienti binomiali elevato a una qualsiasi potenza n a forma di triangolo. Suo è anche il merito di aver scoperto la risoluzione algebrica delle equazioni di terzo grado.

La storia è alquanto articolata. Il primo matematico che arrivò a una soluzione per le equazioni di terzo grado fu Scipione Dal Ferro che non pubblicò mai la formula risolutiva ma la affidò a un suo allievo, Antonio Maria del Fiore il quale, un po’ meschinamente, dopo qualche anno, iniziò a prendersi meriti non suoi vantandosi di essere in grado di risolvere le equazioni cubiche.

Il nostro Nicolò Tartaglia, probabilmente infastidito da tanta prosopopea, si mise a studiare come risolvere il quesito matematico e in maniera indipendente riscoprì la formula di Dal Ferro. Questo fatto toccò l’orgoglio di Del Fiore che nel 1535 chiese una disfida contro di lui. La disfida consisteva nella risoluzione di problemi sottoposti da un avversario verso l’altro e viceversa davanti ad un pubblico e a una giuria.

In due ore Nicolò Tartaglia risolse tutti i problemi forniti da Del Fiore. Del Fiore non ne risolse neanche uno sottopostogli da Tartaglia. La vittoria fu clamorosa. La questione ebbe un bella risonanza nell’ambiente. Il matematico Girolamo Cardano lo invitò a Milano. Il Tartaglia, sperando di riuscire ad aprirsi una strada per entrare nel mondo accademico milanese, confidò la formula a Cardano che giurò di mantenere il segreto.

Cardano migliorò la formula e, dopo essere venuto a conoscenza dell’esistenza della formula di Del Ferro, si sentì libero di decantare la paternità della stessa. Naturalmente il Tartaglia si adirò e denunciò la violazione del giuramento fatto dal Cardano. Si trovò coinvolto in una nuova disfida con un allievo del Cardano che pretendeva uno scontro verbale ben sapendo la difficolta di esprimersi a parole del Tartaglia. Era una guerra impari e, come si può immaginare, finì con la sua sconfitta.

Dopo tutto questo la formula venne chiamata Cardano-Tartaglia riconoscendo la doppia paternità.

Nicolò Tartaglia morì a Venezia il 13 dicembre 1557.

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