Eugenio Bussa è il nome del mio cavalcavia. Mio perchè di questo luogo ho parlato diverse volte e per motivi “storici” sono molto affezionato a questa strada.
Ma Eugenio Bussa era anche una persona ovviamente: nato e morto qui a Milano ha vissuto buona parte del ‘900, dal 1904 al 1977 (saperlo l’avrei anche potuto conoscere).
Era dell’Isola, essendo nato invia Confalonieri, proprio “giù da quel ponte” che anni dopo prenderà il suo nome. Papà Gaudenzio e mamma Maria non se la passavano molto bene: arrivavano dalla campagna e dopo pochi anni dalla nascita di Eugenio, Maria morì. Il padre si sposò nuovamente e la mamma adottiva divenne un punto di riferimento per il piccolo, anche quando nacque la sorellina.
Fin da ragazzo Eugenio Bussa sentì la chiamata del Signore e nel 1916 entrò in seminario: non fu facile per i genitori permettersi questi studi e dovettero fare parecchia fatica per riuscire a sostenere il figlio.
Nel 1928 Eugenio Bussa venne ordinato sacerdote nel Duomo di Milano e nell’ottobre dello stesso anno fu nominato vice direttore del Patronato Sant’Antonio all’Isola. Il suo fu un impegno costante verso tutti coloro che avevano bisogno; la sua era una assistenza continua e puntuale. Nessuno rimaneva escluso dal suo aiuto.
Quando nel 1936 venne consacrata la nuova chiesa del Sacro Volto, Don Eugenio Bussa dedicò tutte le sue energie affinchè venisse realizzata.
Con lo scoppio della guerra, molti dei ragazzi che facevano parte del Patronato partirono per il fronte: 120 per la precisione. E a tutti Don Eugenio Bussa scriveva per assicurarsi delle loro condizioni. Ed il suo non fu un impegno solo epistolare: aprì nel 1942 in val Brembana una casa per i bambini dell’Isola che avevano perso la casa ma i cui genitori non potevano lasciare Milano.
Tanti i piccoli di cui si prese cura. E non solo bambini, anche tanti adulti che avevano bisogno di un aiuto: tra i tanti anche Ferrucci Parri. Tanto sacrificio e dedizione non lo salvarono dall’arresto: fu grazie ai parrocchiani ed al cardinale Schuster che riuscì ad evitare la deportazione.
E per dare un’idea ancora più precisa di chi fosse Don Eugenio Bussa, dopo il 25 aprile era lui in prima linea per difendere i fascisti da esecuzioni sommarie e violenze di ogni sorta. E quando non riuscì ad evitare la fucilazione di alcuni di questi, volle che i segni lasciati dai proiettili sul muro dell’oratorio non venissero tolti, ma lasciati a memoria di un periodo così tragico.
Finita la guerra il suo impegno fu nella ricostruzione del quartiere: solo la morte il 29 gennaio del 1977 pose fine al suo lavoro.
Eugenio Bussa: un cavalcavia dal cuore grande
I funerali si svolsero nella sua parrocchia e furono migliaia le persone che parteciparono commosse. Don Eugenio Bussa è stato un esempio per tanti, tantissimi. Un nome che ancora oggi ricordano con affetto. E avergli intitolato un ponte, il cavalcavia Bussa che unisce due zone della città, che neanche troppo tempo fa erano così diverse e così lontane, ha un significato unico, soprattutto a chi, come il sottoscritto, sotto quel ponte è cresciuto.