giovedì,21 Novembre,2024
HomeUndergroundPietro Gandetto, la mia Milano

Pietro Gandetto, la mia Milano

Ah Milano! Ricordo ancora quella mattina del 18 maggio 2008 quando arrivai a Milano con un trolley, una laurea in giurisprudenza, gli esami del conservatorio e tanta voglia di spaccare.

I primi anni a Milano sono stati i più duri, ma anche i più belli perché ogni cosa era una novità. Venendo dalla provincia (io sono di Gavi, un paesino dell’Alto Monferrato) e avendo studiato a Genova (che non è proprio una città dove tutto è possibile, anzi), Milano mi sembrava una piccola New York e per dimostrare a me stesso “che ero degno” cercavo di fare tutto quello che per anni avevo sempre sognato.

Tra questi sogni c’era senz’altro il Blue Note, il tempio del jazz. Una sera tra Natale e Capodanno, in quei giorni un po’ strani in cui o sei in viaggio o ti prendono le paranoie esistenziali, ero a casa solo soletto e una mia amica mi chiama per andare a un concerto dell’Harlem Gospel Choir (il coro più famoso d’America!) al Blue Note. Ovviamente salto in macchina e da Porta Romana dove vivevo mi fiondo in via Borsieri passando per Centrale.

Pietro Gandetto, la mia Milano

L’iconico tendone blu ci accoglie come un portale verso un’altra dimensione e la magia di quel luogo dove hanno suonato i più grandi della storia del jazz è palpabile. In prima fila mi godo lo spettacolo quando un membro dell’ensemble dice: “chi vuole cantare con noi?” Io sgrano gli occhi e con un salto acrobatico salto sul palco del Blue Note. Senza pensarci in un’ora sono passato dal mio divano al palco del Blue Note cantando con questi miti del Gospel, una simpatica sfida canora verso l’acuto, una serata magica che mi ricorderò per tutta la vita!! Un sogno che si realizzava, avevo cantato al Blue Note!!

Un altro luogo di Milano a cui sono affezionato è il Ponte delle Sirenette che oggi è in Parco Sempione, ma dal 1842 era installato sul naviglio in Via San Damiano (oggi Via Uberto Visconti di Modrone). Ogni tanto immagino com’era Milano negli anni 30, quando si suonava nelle balere, quando la borghesia aveva costruito da poco interi quartieri. Sognavo di vedere i Navigli aperti e di camminare sul Ponte.

ponte delle sirenette - Pietro Gandetto
ponte delle sirenette – Pietro Gandetto

Ancora oggi ogni tanto vado al Parco Sempione soprattutto in autunno (che secondo me è la stagione più bella di Milano) passeggio su questo ponte. Le due statue delle Sirenette sono uniche, non hanno la spocchia dei ponti parigini o delle statue romane, ma hanno quella bellezza discreta che solo chi vive Milano conosce e sa apprezzare. Si sa che a noi artisti basta poco per partire con l’immaginazione e le Sirenette sono un’ottima ispirazione..
Un altro luogo iconico di Milano per me è inevitabilmente il Tribunale.

Essendo anche avvocato oltre che cantautore, il punto a cui convergere sin dal mio primo giorno in questa città era il Palazzo di Giustizia di Via Freguglia. Imponente, maestoso e anche un po’ inquietante come la legge sa essere, il Tribunale di Milano è una città dentro la città. Quando ero praticante e lavoravo 15/16 ore al giorno in studio (scrivevo canzoni di notte a letto stremato, ma era un rito purificatore), ogni volta che entravo in Tribunale tiravo un sospiro di ansia.

Palazzo di giustizia - Pietro Gandetto
Palazzo di giustizia – Pietro Gandetto

Non che non mi piacesse, ma era veramente una città in cui perdersi tra corridoi, scalette nascoste e aule segrete. Cercavo di infilarmi nelle udienze per la pratica e non mancava occasione di essere mobbizzato dal giudice o il cancelliere di turno che non volevano pischelli tra i piedi. In quei corridoi rimbombava il suono delle suole delle scarpe da ufficio e il terrore di sbagliare il deposito di un atto era sempre dietro l’angolo. Poi la liberazione, passato l’esame da avvocato sono uscito dalla “scala” di Corso di Porta Vittoria come se la guerra fosse finita, era il mio 25 aprile ed ero pieno di gioia!

Gli anni passavano e la mia voglia di musica prendeva sempre di più il sopravvento, non mi bastavano più le cover cantate nei locali, non mi bastava andare ogni tanto al Blue Note, volevo scrivere le mie canzoni e volevo un palco importante. Poi un giorno è capitata The Voice of Italy, che si girava negli Studi RAI di via Mecenate, in Forlanini, una piccola zona di case in mattoni rossi situata nella periferia orientale della città.. La puntata si girava in una freddissima giornata di fine gennaio, mi sentivo a casa, il traffico di Via Mecenate c’era, ma ero come anestetizzato, non mi disturbava perché pensavo a come sarebbe stato quella sera cantare in un palco così importante.

Era il mio primo talent, e la mia prima volta in televisione. E le emozioni non sono mancate. La cosa che più ricordo erano i fari puntati in faccia quando dovevo cantare, non vedevo niente, se non un’onda di pubblico che mi dava una grinta pazzesca (avere una piccola standing ovation all’inizio della canzone non capita sempre). Poi ricordo Francesco Renga, che mi ha aperto gli occhi sulla mia voce, facendomi capire quello che potevo davvero fare. Diciamo che ho “scoperto” di avere una voce intorno ai 30 anni. E da li è partito il mio progetto cantautorale.

rai - Pietro Gandetto
rai – Pietro Gandetto

Insomma, Milano o la ami o la odi, e io la amo. La vedo come una ragazza un po’ timida che si svela piano, con discrezione, ma quando la conosci ti sbatte in faccia tutto il suo talento e la sua energia. In Italia non potrei vivere in nessun’altra città. I tram che solcano i viali di platani, le serate organizzate all’ultimo perché tutto può succedere a Milano, incontrare Vanoni al Bar Basso, la Scala, i festival, i baretti di quartiere, insomma potrei elencare per ore le cose che in questi anni mi hanno colpito, ma basta camminare per Milano per capire quello che dico..

A tal proposito

Più letti